Da bambini avevamo la naturale capacità di connetterci. Esprimevamo ciò di cui avevamo bisogno attraverso la modulazione della voce; un grido per “sono affamato”; per “sono stanco”; o per “coccolami”. Un bambino lo fa senza insegnamento: segue la natura di esprimere il bisogno chiedendo supporto

Questa capacità durante la crescita viene progressivamente perduta e sostituita da qualcos’altro.

Il linguaggio abituale

Impariamo ad esprimere i nostri bisogni cercando di chi è la colpa quando sono insoddisfatti; diciamo per esempio “Sei un egoista” quando vorremmo ricevere maggiore considerazione, oppure “La smetti di interrompermi” quando vorremmo avere lo spazio per parlare ed essere ascoltati. Perché accade questo? Quando siamo bambini l’etichetta di “cattivo” o “viziato” ci insegna che, trovare chi è il colpevole, è la cosa più importante da fare. Quando a qualcuno non piaceva il nostro comportamento noi diventavamo i colpevoli per le loro emozioni: “Non vedi come mi fai stare male?“; e così abbiamo imparato a giudicare gli altri colpevoli per le emozioni che proviamo. Possiamo riconoscere questo meccanismo dalle parole che un bambino/a pronuncia, quando dicendo “brutta mamma” la sta incolpando perché lei non gioca con lui/lei o non gli/le dà quello che vuole.

Il potere del linguaggio

Esprimere etichette come “sei un egoista” o valutazioni come “non te ne frega niente” può far aumentare la disconnessione nelle nostre relazioni.

Com’è la qualità della connessione quando qualcuno ti dice: “Sei disordinato“? Come sarebbe invece se le persone esprimessero ciò che desiderano? Per esempio: “Vorrei parlarti un paio di minuti: mi sento in difficoltà perché vorrei aiuto nel tenere in ordine la casa. Potresti mettere i vestiti da lavare nel cesto della biancheria invece di lasciarli a terra?

Questo linguaggio focalizza la nostra consapevolezza su quattro aspetti:

  1. Essere specifici sulle cose che gli altri dicono o fanno che non ci piacciono, davvero sfidante per molti di noi a cui è stato insegnato a parlare trasformando i fatti che accadono in valutazioni di ciò che non va negli altri.
  2. Esprimere con chiarezza ciò che sentiamo.
  3. Esprimere il contributo che vorremmo ricevere dagli altri, per esempio: il bisogno di cura, di rispetto, di considerazione, ecc.
  4. Fare richieste chiare per ciò che vogliamo, piuttosto che focalizzarci sul comportamento che non vogliamo.

Quando togliamo dal nostro linguaggio le critiche o le accuse, aumenta la qualità di connessione; la comunicazione diventa l’anello che connette e il mezzo per esprimere semplicemente e onestamente ciò che è importante per noi e chiedere agli altri ciò che è importante per loro.