La maggior parte delle persone che incontro con il mio lavoro sono motivate nel migliorare la propria qualità di vita di relazione.
Desiderano imparare abilità per far fronte con maggiore senso di sicurezza e serenità alla relazione con se stessi e con gli altri.
Spesso vivono una convinzione rispetto alla sofferenza: “siccome soffro e sto male, questo significa che c’è qualcosa che non va, in me o negli altri“. Quando la domanda che ci porta a iniziare un percorso di cambiamento è: “come posso smettere di soffrire?”, ciò che si cerca sono metodi, tecniche, rituali o pratiche per soffrire di meno o mettere fine allo stato di sofferenza.

La sofferenza può trasformarsi solo quando ti apri al cambiamento. “Come posso smettere di soffrire?” è una domanda sulla quale vorrei ci interrogassimo: che qualità ha questa domanda? L’obiettivo di “smettere” di soffrire implica che ci sia qualcosa di sbagliato nella sofferenza che sentiamo.

E se invece le emozioni, anche quelle spiacevoli, avessero una funzione esistenziale?
Se la preoccupazione, la paura, l’ansia, il senso di colpa avessero il potere di condurci in qualche parte, dentro di noi, che ancora non conosciamo?
Se tutte le emozioni fossero un segnavia per indicare il percorso verso un’autenticità che sta chiedendo attenzione, ascolto e cura?
Se acquisiamo la prospettiva che tutte le emozioni rivelano qualcosa di importante di noi, possiamo imparare a navigarle con uno spirito di scoperta, e integrare cosa ci svelano.
Mentre impariamo ad affrontare questo viaggio con le nostre emozioni, impariamo a farlo anche con le emozioni degli altri, promuovendo enormi benefici nella nostra vita e in quella di chi ci è vicino.
Se critichiamo le emozioni come la preoccupazione o l’ansia, nostra e degli altri, è perché non le sappiamo maneggiare e temiamo i comportamenti che possono essere agiti con il motore di queste emozioni, nonché gli effetti che questi comportamenti possono avere sulla nostra vita e su quella degli altri.
Se provassimo invece a considerare l’ipotesi che non c’è qualcosa di sbagliato nelle emozioni (qualunque esse siano) potremmo aprirci alla possibilità che esse rappresentino un segnale importante che qualcosa in noi reclama ascolto.

Come sarebbe la tua vita se anziché dirti: “voglio smettere di soffrire” ti chiedessi “come posso usare l’energia emotiva di ciò che sto provando per aumentare il mio potere di generare cambiamento?” Possiamo vedere il cambiamento come l’effetto della capacità di “sostare” nella sofferenza il tempo sufficiente per incontrare quelle parti autentiche di noi che la sofferenza porta con sé.
Essere “capaci di soffrire” è la chiave che apre al cambiamento. Quando si è capaci di soffrire, si è capaci di trasformare la propria vita.

Questo richiede di imparare a guardare la sofferenza come un ospite di riguardo e prezioso, che può trasformarsi quando è com-preso (preso con sé). La Comunicazione Nonviolenta mi ha insegnato molto sull’abilità per essere capace di soffrire: ha molto da insegnare a tutti noi.